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martedì 17 novembre 2015

Funzione Facebook Safety Check Parigi sì Beirut no



Perché per Parigi sì e per Beirut no? 

Dopo gli attentati in Francia, Facebook ha deciso di attivare la funzione Safety Check. 
E  in 4.1 milioni hanno usato questa applicazione del social network per informare i loro contatti che stavano bene (in 360 milioni hanno ricevuto la notifica). 
Un esempio di come la tecnologia ci avvicini e ci permetta di far fronte al terrorismo? 
No, perché c’è chi ha trovato discriminatorio il comportamento di Facebook.



In un post condiviso più di 10 mila volte il blogger libanese Joey Ayoub ha criticato la disparità evidente nelle reazioni alle due serie di attacchi, sostenendo che i 40 morti dell’attentato di Beirut di giovedì non sono sembrati importanti tanto quanto quelli di Parigi. “Noi non abbiamo avuto un aiuto da Facebook, i francesi sì”, ha sottolineato Joey Ayoub.

Una polemica che è rimbalzata sui social network per tutta la giornata di domenica, mentre si contavano ancora i morti.

Ayoub non è stato l’unico a lamentarsi per questa discriminazione.  Come segnala La Stampa, il medico libanese Elie Fares ha criticato l’altra iniziativa di Facebook, ossia di introdurre la possibilità per i suoi utenti di modificare la foto del proprio profilo con il tricolore francese (dopo la sentenza della Corte Costituzionale Usa sui matrimoni era stata fatta la stessa cosa con la bandiera arcobaleno): “Quando la mia gente è morta, nessuno si è preoccupato di illuminare monumenti con i colori della nostra bandiera. Anche Facebook non ha pensato ad assicurarsi che i miei connazionali avessero il bollino con cui dichiarano di essere salvi, per quanto possa essere un fatto banale”.

Tuttavia, la critica di Facebook è stato tutt’altro che universale, il giornalista libanese Doja Daoud, intervistato da Al Jazeera ha spiegato  che il safety check non sarebbe stato così utile a Beirut come era a Parigi. “Può essere utile ma dobbiamo tenere presente che in Libano in caso di attacco la rete salta e nessuno potrebbe connettersi a Facebook”, ha spiegato.

Sia quel che sia, Facebook in Medio Oriente ha milioni di utenti. Una circostanza che ha spinto Zuckerberg a rispondere alla critiche: “Fino a ieri, la nostra politica è stato solo per attivare il controllo di sicurezza per le calamità naturali. Abbiamo appena cambiato e ora in programma di attivare la verifica di sicurezza per ulteriori disastri umani andando avanti così”, ha scritto. E ancora: “Ci prendiamo cura di tutte le persone allo stesso modo, e lavoreremo duramente per aiutare le persone che soffrono come molte di queste situazioni come possiamo.”

Il Safety check infatti è stato usato per la prima volta dopo lo tsunami in Giappone del 2011, tragedia che ha permesso di capire quanto fossero importanti le comunicazioni. Così via via, durante i terremoti in Afghanistan, Cile, in Nepal  come durante i cicloni nel Pacifico e nelle Filippine il safety check ha permesso alle persone di ritrovarsi e ha aiutato nella ricerca dei soccorsi. Ma mai prima di oggi per attentati o guerre. “Abbiamo deciso di attivarlo anche nel caso di Parigi perché abbiamo registrato un incremento delle attività sulla nostra piattaforma collegate a questo evento”, spiegano da Menlo Park. “Così abbiamo esteso il campo oltre i disastri naturali”. “Certo, c’è ancora molto lavoro da fare”, ha scritto su Facebook Alex Schultz, vice presidente del settore crescita di Facebook. “Nel caso di disastri naturali, applichiamo alcuni criteri che includono la vastità e l’impatto dell’evento. Quando una crisi è in corso, come una guerra o un’epidemia, Safety Check nelle sua forma attuale non è così utile per la gente, perché non esiste un momento preciso in cui l’evento inizia e si conclude e non è possibile sapere quando qualcuno è davvero al sicuro”.

Ma il dubbio in Medio Oriente resta. I morti siriani o libanesi valgono meno di quelli francesi?



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